17/02/2022 - Di Edoardo Gagliardi – L’esperimento è ambizioso, installare un microchip nel cervello umano per migliorare le condizioni di chi soffre di gravi forme di handicap. L’idea è di Elon Musk, il vulcanico imprenditore, CEO di Tesla e fondatore di Neuralink. Proprio quest’ultima è impegnata nella progettazione, realizzazione e impianto di microchip per il cervello umano.
È lo stesso Musk a parlare delle attività dell’azienda in toni trionfalistici: “Penso che abbiamo una possibilità con Neuralink di ripristinare la funzionalità di tutto il corpo a chi ha una lesione del midollo spinale. Il microchip funziona bene nelle scimmie e stiamo facendo test che confermano che è molto sicuro e affidabile e può essere rimosso in sicurezza”.
Ma è probabile che gli entusiasmi dell’imprenditore sudafricano debbano essere ridimensionate, perché gli esperimenti sulle scimmie non sarebbero andati come previsto. Secondo la Commissione Medici per la Medicina Responsabile 16 delle 23 scimmie a cui sono stati impiantati chip cerebrali Neuralink presso l’Università della California a Davis nel 2017-2020 sono morte.
“Quasi ogni singola scimmia a cui erano stati impiantati dei microchip nella testa soffriva di effetti sulla salute piuttosto debilitanti (…) francamente stavano mutilando e uccidendo gli animali“, ha detto il direttore della Commissione Medici per la Medicina Responsabile, Jeremy Beckham. In un’intervista con Business Insider, Beckham ha affermato che le restanti sette scimmie sopravvissute all’esperimento sono state trasportate in una struttura della Neuralink nel 2020 prima che l’azienda interrompesse la sua collaborazione con l’università.
Insomma, la realtà è ben lontana dalle aspettative della Neuralink e di Elon Musk, perché il microchip funzionerà anche bene, come afferma l’imprenditore, ma gli effetti sulle scimmie sono al momento devastanti. Con tali risultati è difficile pensare che si possa passare al microchip per gli esseri umani “entro un anno”, come aveva annunciato lo stesso Musk.
Le problematicità del progetto Neuralink è duplice. Da un lato gli esperimenti sulle scimmie testimoniano dei rischi molto alti che l’impianto del microchip potrebbe avere sull’essere umano, ad esempio crisi di rigetto fino al decesso; dall’altro gli animalisti protestano contro il modo in cui le scimmie sono state trattate nei laboratori durante gli esperimenti.
L’azienda, tuttavia, ha ammesso che otto animali erano stati sottoposti a eutanasia durante le prove, due sono stati uccisi in “per raccogliere importanti dati istologici”, mentre sei erano morti a causa di complicazioni chirurgiche, guasti del dispositivo o infezioni associate al dispositivo.
Dalla Neuralink fanno sapere che l’azienda si impegna costantemente per preservare il benessere degli animali utilizzati per gli esperimenti, i quali “stanno contribuendo in maniera significativa per l’umanità” e sperano si arrivi presto al momento in cui gli animali non saranno più necessari per i test. A complicare la posizione di Neuralink vi sono anche i risvolti etici riguardanti il microchip per gli esseri umani.
In altre parole, quale potrebbe essere il vero scopo di un microchip installato nel cervello? Solo per migliorare le condizioni di vita dei portatori di handicap? Se fosse così, certamente sarebbe un nobile intento. Ma sono molti a domandarsi se gli esperimenti di Neuralink non portino in realtà a un’ulteriore forma di controllo degli esseri umani.
“Non credo che ci sia un dibattito pubblico sufficiente su quali siano le implicazioni che questo tipo di tecnologia introduce nella vita degli esseri umani” – ha affermato Karola Kreitmair, professore di storia della medicina e bioetica presso l’Università del Wisconsin-Madison. L’integrazione così profonda tra tecnologia e cervello umano potrebbe significare la fine del libero arbitrio già oggi fortemente compromesso da forme di manipolazione delle masse?
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